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Bridgerton e perché mi disgusta (no, non è per via del sesso costante)

Una serie tv in costume che aveva del potenziale meraviglioso, ma che se l'è bollito tutto col brodo.

SAPETE CHE PARLO TANTO. I MIEI PARERI SU BRIDGERTON INIZIANO AL TERZO PARAGRAFO.

Vacanze di Natale 2020: vuol dire zona rossa, vuol dire lockdown parziale, vuol dire non molto da fare (avrei avuto una serie infinita di cose da fare, tra cui sistemare il mio armadio che è una vergogna, riordinare le schede di scuola che ora hanno fagocitato un'intera camera della casa, riprendere progettini lasciati in sospeso perché l'ispirazione iniziale mi ha abbandonato.. ma quando mai si fanno le cose che si dovrebbero fare?), vuol dire sopra ogni cosa prendere in prestito Netflix da mia sorella per decidermi a guardare finalmente dopo (quanti? quattro? cinque? troppi!) anni che lo desideravo The Crown, una serie che si prometteva un capolavoro cinematografico e che lo è stato.

Talmente tanto che ho spazzolato la prima serie in pochi giorni, facendo a maglia incessantemente per terminare il regalo di Natale (divenuto poi convenientemente regalo di Capodanno) per la piccola Diletta. Ok Agnese, mi son detta: non puoi guardarlo così in fretta, una bellezza deliziosa del genere va assaporata. Guardati qualcos'altro nel frattempo, sedimenta. Bridgerton era appena uscito per cui era sulle home di chiunque e io ho un debole per gli sceneggiati in costume. Datemi due mussole cucite insieme ed un qualsiasi edificio storico di pregio (meglio se britannico, ma l'avete visto Tulip Fever? Dovrebbe essere Amsterdam del 1600 e wow se quei costumi son stati fatti con cura. Non sono riuscita a finirlo, comunque sia. Insapidità pressoché totale di dialoghi e relazioni, trama improbabile e noiosa.) e mi avete comprata.

YOU MAY NOT LIKE HIM, MINISTER, BUT YOU CAN'T DENY: DUMBLEDORE'S GOT STYLE.

E Bridgerton mi ha comprata: un taglio piacevolmente moderno (ma fedeltà  ai modelli di sartoria: quei bodices con le cuciture sulla schiena dolcemente sagomate a forma di V... so perfect!!), una commistione di colori non solo nei vestiti ma anche nelle facce, nella scelta delle musiche (l'avete notata la colonna sonora di pezzi contemporanei ma suonati in stile musica da camera per quartetto d'archi? Geniale!), nei dialoghi ed interazioni 100% storicamente inaccurati ma che nel complesso di stoffe sintetiche, colori al neon e frangette (!!@$#!) insaporivano una zuppa decisamente a noi contemporanea, dove la Reggenza è solo un pretesto di cornice. Divertente, frizzante, fresco, giovane, sorprendente: decisamente non il tradizionale sceneggiato storico che ti aspetti. Come dice il creatore Chris van Dusen:

Ogni cosa affonda le radici nel periodo della Reggenza ma il volume è alzato al massimo in tutto.

E ci sta: assolutamente, ci sta tutto. Per questo mi fa così tanto arrabbiare sta serie: potenzialità, mille potenzialità tutte cotte al vapore. Andiamo con ordine.

Intorno al quarto episodio ho cominciato a sbuffare: i dialoghi non fanno più ridere ed il topos della giovane innamorata incinta mentre il suo amore è oltremare, sballottata di qua e di là a rischio povertà totale mi ha fatto alzare gli occhi al cielo. WOW. No, dico, questo sì che è un risvolto originale. Onestamente mi aspettavo che cercasse di abortire e finisse morta dissanguata, solo per venderci la retorica di quanto sia buono l'aborto ospedalizzato duecento anni dopo ma grazie a Dio almeno quella storia finisce bene. Almeno in quel cliché non ci sono cascati.

Insomma, bello il contorno, belle quasi tutte le storie parallele e i loro personaggi (che non essendo i protagonisti hanno il pregio di essere pepati meglio e più credibili, proprio perché non necessitano di completa rotondità e pure ce l'hanno - pensando, per esempio, alle due grandi figuri femminili adulte che tirano le fila di molti avvenimenti, la mamma di Daphne, Violet, e la pseudo mamma di Simon, Lady Danbury. Non sentite che un'intera serie si potrebbe sprigionare solo da quelle due?), simpatico il fil rouge di Lady Whistledown e mitica la narrazione di Julie Andrews, pessimo pessimo pessimo ciò che mi porto dietro dopo aver visto la serie.

Ma il punto è, il punto è: ancora, nel ventunesimo secolo abbiamo bisogno noi donne della fuga tra le braccia del bello e dannato? Davvero ancora è sano per noi affogarci nella sensualità senza pari di Simon (nulla da dire, Regé-Jean Page un'ottima scelta. Magari acerbetto come attore ma per i pettorali ci siamo.) dimenticando che ha un irrisolto psicologico e affettivo non da poco, che la sua vita è un inno alla vendetta ed ha pure la gestione dell'ira da rivedersi un attimino col suo psicoterapeuta?

È vero, Daphne non poteva sapere tutto questo prima di sposarsi: l'onore e la reputazione lo impediscono, ma se (sempre secondo Chris van Dusen) si desiderava che il pubblico moderno si riconoscesse nei personaggi sullo schermo, non era più sano rendere i protagonisti una coppia che faticano sì a capirsi, ma perlomeno si parlano e ci provano? Invece la parte centrale e risolutiva dell'intera storia tratta di una coppia che si fa del male a colpi di coito: sia lui, con i diciottomila modi di saltare la quaglia, senza mai spiegare nulla, sia lei, con quel rapporto vendicativo dove lo costringe (è o no, violenza sessuale, questa? Vale meno, se accade nel matrimonio?) a completare, solo per vedere l'orrore negli occhi di quello che dovrebbe essere suo marito. Suo marito!! Che ha dignitosamente dichiarato di amare la sera delle nozze in un'accorata, disperata dichiarazione! Lui, che ha ricambiato con altrettanta dolcezza il suo amore, mostrandosi comprensivo, attento, perfetto come nessun uomo probabilmente è. Che tipo di amore è questo? Che maturità affettiva riflette questa relazione?

Giustamente si dirà: ciascuna relazione ha le sue difficoltà, poi si superano insieme, è questo l'amore. Sì, ma ci si parla! Ci si parla! Cosa che non accade né dalla parte femminile né dalla parte maschile. Simon è stato ferito profondamente e vive per vendicarsi del padre, fa soffrire terribilmente sua moglie per queste sue scelte per la durata di mezza serie, ma una vita intera di abusi e ferite viene miracolosamente sanata nella penultima scena da un discorso di meno di due minuti, pronunciato da sua moglie romanticamente e veementemente sotto la pioggia (sic!). Non bastano due minuti in cui ti dicono che sei amato anche se sei imperfetto per risolvere la solitudine di una vita, neanche in una sala da ballo all'aperto con decorazioni floreali e ortensie da capogiro. Tre anni minimo dallo psicoterapeuta. Minimo.

Questo è pericoloso in Bridgerton, e questo mi disgusta: che ancora abbiamo bisogno dell'uomo instabile ma sexyssimo da morirci dietro, che i problemi si risolvono in meno tempo in cui si sciolgono i cuori in Frozen, che invece di parlarsi si abusi uno dell'altro, all'interno di un rapporto che dovrebbe essere di amore privilegiato, come nel dono totale che la moglie ed il marito si fanno l'una all'altro nel rapporto sessuale.

Sapete chi avrebbe dovuto sposare per avere un matrimonio sano, Daphne? Il principe. Sì, il banale, limpido, gioioso principe, la cui maturità affettiva è sempre stata tale da sapere quando non insistere, che non ha paura di mostrarsi così com'è, che fa quello che pensa, e pensa ciò che fa. Quello che mi intristisce non è Bridgerton: tutti si sono impegnati per renderlo divertente e interessante, non ci sono riusciti, ma pace: c'è abbastanza sesso da farlo sbancare al botteghino di Netflix nonostante la sua insulsità. Quello che mi intristisce è che sembra operare all'interno delle fantasie malate femminili: meglio scegliere quello che non è amore ma mera passione, qualcuno che non conosci nemmeno un po', ma che ti dà il brivido, piuttosto che scegliere un uomo solido che ha fatto in modo di farsi conoscere con onestà, che però pare non offrire l'avventura che tutte sogniamo. Non vorrei spoilerarvi troppo ma vi assicuro che è il secondo, con i suoi difetti semplici, le sue imperfezioni alla luce del sole, che renderà una donna veramente felice. Daphne ha rischiato di brutto, fortuna che l'autrice era dalla sua parte e doveva farla finire bene la storia, non è mica un Thomas Hardy questo.

Grazie di essere arrivati fin qui, vi voglio molto bene.

Sese

 

PS: il fatto che la regina Charlotte, moglie di George III, fosse di razza mista è pare storicamente plausibile. O meglio, i sovrani d'Europa sono tutti imparentati tra loro e una regina portoghese, un popolo a contatto costante con l'Africa, potrebbe senza problemi avere in sé tracce etniche diverse. La scelta di Bridgerton di renderlo in maniera esplicita è interessante poiché ci ricorda che non c'è mai stato nella nostra storia un momento in cui tutte le presunte "razze" siano state ben distinte, come a volte pensiamo sia nei secoli precedenti al nostro. Leggete qualcosa di non estremamente accademico qui (in inglese, sorry!)

PPS: le citazioni di Chris van Dusen sono prese dalla sua intervista con Nick Ahad di Front Row, episodio del 22 dicembre 2020, per BBC Radio4. Potete ascoltarlo sull'app BBC Sounds o qui (in inglese, sorry sorry!)

PPPS: volete guardarvi uno sceneggiato regency davvero sopra le righe ma che vi lascerà deliziosamente soddisfatti (almeno, se non siete troppo affezionati alle precedenti versioni - so che alcune amiche non l'hanno apprezzato perché troppo frizzante a loro parere) ed anche migliori, con dialoghi spumeggianti e scenografia e costumi da Oscar? Emma (2020), diretto da Autumn de Wilde. Squi-si-to. E a differenza di Bridgerton, da guardare in compagnia della mamma. (se siete impietosi come me, da farglielo guardare in lingua originale con i sottotitoli perché ormai non ce la fate più a guardare un film doppiato.)

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